venerdì 16 aprile 2010

FRUTTA E VERDURA. Ecco le meta-analisi sull’efficacia contro i vari tumori

Lo studio di Boffetta (v. il precedente articolo) ha provocato un certo sconcerto tra il pubblico e tra gli stessi medici, ricercatori oncologi e nutrizionisti. Cerchiamo, perciò, di ripartire da un punto fermo: le rigorose meta-analisi sulle decine di studi precedenti, ricontrollati e sezionati uno per uno da altri scienziati, alla ricerca di possibili errori. Vediamo che cosa resta di veramente accertato dal punto di vista statistico-epidemiologico sul valore preventivo di frutta e verdura, non contro l'irrealistico "cancro in genere", cioè una media epidemiologica inutile, ma contro i vari tumori specifici, che com'è noto sono diversissimi tra loro. Ecco dunque lo "stato dell'arte".

TABELLA I (Meta-analisi WCRF-AICR e COMA). Cliccare sull'immagine per ingrandirla.

Un quadro generale attendibile ce lo offre uno studio meta-analitico del noto oncologo E. Riboli, in collaborazione con la T. Norat, pubblicato nel 2003 da quella che è considerata la principale rivista scientifica di nutrizione clinica al mondo. Questo importante studio riporta in premessa i risultati (v. Tabella I) di due meta-analisi messe a confronto: una americana del WCRF-AICR, World Cancer Research Fund–American Institute for Cancer Research, e l’altra del britannico Chief Medical Officer’s Committee on Medical Aspects of Food & Nutrition Policy of UK sugli effetti possibili di riduzione dei rischi di tumori di alti consumi di frutta e verdura.
Tuttavia, Riboli (che, curiosamente, è anche uno dei co-autori dello studio di Boffetta) fa notare che "alcuni recenti risultati di studi epidemiologici non confermano l’ipotesi del ruolo protettivo di frutta e verdura nella eziologia del cancro". E riporta vari studi come esempio di questa incapacità degli epidemiologi di provare in modo convincente il potere anti-cancro.
La Tabella II riporta invece le conclusioni dello stesso studio meta-analitico di Riboli e Norat su varie precedenti ricerche di tipo case-control e di cohort. C’è differenza tra i risultati, a seconda delle due metodologie di ricerca. E infatti uno studio case-control (caso-controllo) compara in retrospettiva un gruppo di malati (casi) con un gruppo di non malati (controlli). Invece, un cohort study, studio di coorte, è una ricerca osservazionale, in genere prospettica, che segue nel tempo (follow up) l'evoluzione di un gruppo di persone identificate in base a determinate caratteristiche, e sane all’inzio dello studio. Riboli cerca di spiegarsi come mai i due tipi di ricerche danno risultati diversi sulla protezione di frutta e verdura dal cancro. Gli studi prospettici di coorte, in generale, sono più deludenti di quelli caso-controllo.

TABELLA II (Meta-analisi Riboli e Norat, 2003)

L’importante, però, è che questo lavoro di Riboli, del resto molto realistico, ci riporta con i piedi per terra.
La realtà scientifica, specialmente le difficili ricerche epidemiologiche, è in continua evoluzione, e non si esclude che con metodologie più raffinate e severe di oggi l’epidemiologia possa in futuro riuscire a dimostrare anche ciò che ora non riesce a fare.
Nel frattempo - avvertono tutti gli studiosi, compreso il Boffetta - sarebbe un grave errore smettere di consumare verdura e frutta (più verdura che frutta, più crudo che cotto: 5-6 porzioni al giorno come minimo), per i loro accertati e numerosi vantaggi, tra cui il potere antiossidante, le specifiche attività dovute ai numerosi principi farmacologici, la certa riduzione del rischio di vari tumori, le proprietà anti-colesterolo e anti-trigliceridi, la capacità di togliere la fame rapidamente e di abbassare in modo drastico l’ammontare calorico di un pasto, e così via. Resta perciò confermata l'esigenza di almeno 5-6 porzioni al giorno decisa dai Consensus internazionali nel 1991.

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giovedì 15 aprile 2010

FRUTTA E VERDURA. Poco efficaci sul cancro in genere, ma è una media inutile

Un clamoroso studio dell’epidemiologo italiano Paolo Boffetta, della Scuola di Medicina Mount Sinai di New York, e di un’equipe di ricercatori europei, ha analizzato i questionari dietetici riempiti da 142.605 uomini e 335.873 donne reclutati per la ricerca Epic (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition) in dieci Paesi europei fra cui l’Italia, fra il 1992 e il 2000. Ebbene, confrontando queste schede dietetiche quasi 9 anni dopo con la mortalità da cancro nei due gruppi di volontari (attenzione, tutti i tipi di cancro in blocco, quindi una media), lo studio ha concluso che i consumi di verdura e frutta dichiarati dai volontari poco o nulla erano in collegamento col loro rischio cancro.
Insomma, avete capito bene: questionari e statistiche alla mano, Boffetta e colleghi hanno pubblicato sulla rivista Journal of the National Cancer Institute un sensazionale studio secondo il quale "frutta e verdura non prevengono il cancro", o al massimo lo prevengono molto moderatamente, come mostra uno studio (c'è l'abstract, e anche il testo integrale) anticipato il 6 aprile sul sito online della rivista scientifica.
Le agenzie e i giornali di tutto il mondo, visto che questa volta – per usare una metafora giornalistica – è "l’uomo che morde il cane", si sono precipitati a dare la notizia ritenuta "controcorrente". Vedremo più avanti che in realtà lo studio non è affatto controcorrente, perché tutto si sapeva già, ma solo mal posto. Però stavolta i media hanno impaginato con una certa prudenza, senza scandalismo e senza aggiungere pepe, perché già i titoli del sito online della rivista e l’abstract dello studio scientifico in anteprima erano forti e parlavano chiaro.
Ad essere, semmai, un po’ imprudenti, sono stati i ricercatori. "Ma così – ha insinuato un noto nutrizionista italiano – ora tutti conosceranno il dr. Boffetta". Nell’ipotesi di lavoro della ricerca erano stati messi insieme tutti i più diversi tipi di cancro ("overall cancer"), quando è noto da tempo, invece, che alcuni tumori molto diffusi sono del tutto insensibili all’alimentazione, come hanno giustamente fatto notare sia il prof. Veronesi, sia altri studiosi critici verso questo tipo di ricerche che fanno di ogni erba un fascio e non vanno troppo per il sottile. Oggi gli studi efficaci si conducono sul rapporto tra più alto consumo di frutta-verdura e minor rischio di tumore allo stomaco, oppure al colon-retto, alla prostata, alla mammella, al pancreas, e così via. Perfino l’efficacia degli antibiotici si valuta verso i particolari ceppi di batteri, non genericamente "verso tutti i batteri": in quest’ultimo caso anche il miglior antibiotico darebbe un livello di efficacia statistica basso.
E invece, questo machiavello di considerare ai fini della ricerca non i vari, singoli tumori, tra loro diversissimi sia nell’eziologia (cause), sia nell’eventuale prevenzione con l’alimentazione, ma il "cancro" in blocco, come se fosse un’unica malattia, ha falsato l’intera ricerca, col risultato di dare al più elevato consumo di frutta e verdura un valore di protezione totale bassissimo (circa il 4% di significatività), per di più inviando un messaggio diseducativo ai cittadini, che già consumano pochi vegetali.
"Mettere nello stesso calderone tumori così lontani dall’alimentazione come leucemie e linfomi, cancri dell’utero e della cervice ecc. ovviamente abbassa la significatività statistica", ha commentato Andrea Ghiselli, medico e capo ricercatore dell’Inran, Istituto di Stato di ricerca sulla nutrizione. "Anzi, il fatto che permanga ancora un 4% di protezione avvalora, più che sminuire, secondo me, l’effetto di frutta e verdura". Insomma, a Ghiselli non piace il lavoro di Boffetta e colleghi. Il rischio è che ora molte persone, tra New York, Londra e Roma, rinuncino a riempire il piatto d’insalata come facevano fino ad oggi. Il che sarebbe molto grave.
Nello studio della Scuola di Medicina Mount Sinai, solo una significativa ma piccola relazione inversa è stata riscontrata tra l’alta assunzione di frutta e verdura ed il rischio globale di cancro ("overall cancer"). Nel campione preso in analisi, un aumento di 200 grammi al giorno di frutta e verdura ha comportato una riduzione di circa il 3 per cento del rischio di cancro. Il consumo di verdure di per sé ha anche offerto una modesta protezione anticancro, ma limitata alle donne. Bevitori incalliti che hanno mangiato molta frutta e verdura avevano un rischio piuttosto ridotto, ma solo per i tumori causati dal fumo e dall’alcol.
"La linea di fondo è che, sì, abbiamo osservato un effetto protettivo di frutta e verdura contro il cancro, ma è una connessione più piccola di quanto si pensasse", ha detto l’autore, Paolo Boffetta. "Qualsiasi effetto protettivo anticancro di questi alimenti sembra essere davvero molto modesto".
"Lo studio – ha detto ancora Boffetta – non ha fatto distinzioni fra i diversi tipi di cancro, il nostro obiettivo è stato osservare gli effetti di frutta e verdura sulla prevenzione del cancro a livello globale". Lo stesso ricercatore é cauto sul risultato: "Non possiamo dire che questi cibi non abbiano effetti preventivi anti-cancro, ma questi sono meno forti di quanto immaginato". E ha proseguito: "Se tutte le persone dell’indagine Epic mangiassero 5-6 porzioni di frutta e verdura al giorno, secondo il nostro studio, ridurrebbero il rischio cancro [globale, cioè la media di tutti i tipi di tumori, NdR] solo del 3-4%".
D’altra parte, negli ultimi 20 anni, si legge nella ricerca, diversi studi non sono stati in grado di confermare l'associazione diretta tra il consumo di frutta e verdura e la diminuzione del rischio di cancro. Nell'editoriale di accompagnamento all'articolo Walter Willett della Harvard School of Public Health osserva che "questo studio conferma con forza i risultati di altri studi prospettici, secondo cui consumare grandi quantità di frutta e verdura ha poco o nessun effetto nel ridurre l'incidenza dei tumori".
Le reazioni degli esperti non sono mancate..
E’ stupito l’oncologo Alberto Sobrero dell’Ospedale San Martino di Genova, che però ritiene il risultato almeno "logico, perché esamina l’associazione complessiva fra tumori e assunzione di frutta e verdura, e non tutti i tipi di cancro sono correlati al consumo di frutta e verdura".
Dei vantaggi di frutta e verdura nella prevenzione dei rischi tumorali è certo anche Ghiselli, per il quale perfino lo studio di Boffetta "conferma l’esistenza di un’associazione tra consumo di frutta e verdura e prevenzione del cancro. Gli autori la trovano debole, ma la trovano, mentre altri la trovano più forte". E ancora: "Dire che frutta e verdura sono inutili contro i tumori è un atto di insensibilità nei confronti dei cittadini, che per di più non aspettano altro: un'affermazione simile può infatti sembrare a molti una valida scusa per non dover più riempire il piatto di insalata. I dati Epic hanno voluto vedere l'effetto dei vegetali su tutti i tipi di tumori, dalle leucemie al tumore al cervello, mettendo in uno stesso calderone anche forme di cancro che non sono direttamente influenzabili con l'alimentazione".
"Ebbene - continua Ghiselli - nonostante si siano considerati sullo stesso piano tumori di ogni genere, rimane una pur debole correlazione: significa che per i tumori che dipendono da ciò che mangiamo l'effetto è ancora più ampio, come già del resto sappiamo. Il rischio di tumore al colon, ma anche di cancro al seno o alla prostata, diminuisce se la dieta è ricca di frutta e verdura. Per di più, leggendo attentamente i dati, si vede che l'effetto protettivo è marcato in chi beve, sui tumori correlati ad alcol e fumo: vuol dire che i vegetali possono almeno in parte 'rimediare' ai danni di uno stile di vita non salutare. Tuttavia, non bisogna cadere nell'estremo opposto: frutta e verdura non sono onnipotenti e vanno comunque abbinate a uno stile di vita salutare. E' impensabile compensare i danni di fumo, sedentarietà o scorpacciate di grassi solo mangiando più vegetali".
Per Carlo Cannella, nutrizionista dell’università di Roma La Sapienza e presidente Inran, "non bisogna coltivare l’illusione che ci siano cibi anti-cancro quando si hanno poi stili di vita errati. L’azione preventiva di frutta e verdura c’è, ma il consumo di questi alimenti deve essere vario, frequente, deve rispettare la stagionalità e deve essere associato a un basso consumo di alcol e di cibi grassi e proteici di origine animale, assenza di fumo e buona attività fisica".
Infine, l’oncologo Umberto Veronesi: "Lo studio non pare in contraddizione con quanto sappiamo sull’effetto protettivo di frutta e verdura", dice. "In primo luogo, nessuno ha mai messo in dubbio che un’alimentazione ricca di frutta e verdura da sola non basti a pervenire tutti i tipi di tumori. In secondo luogo è noto che non tutti i tumori beneficiano di una riduzione di rischio in uguale misura".
Dopotutto - aggiungiamo noi, ragionando all'inverso - non dimentichiamo che gli epidemiologi Peto e Doll, mai smentiti, attribuirono all'alimentazione nel suo complesso circa il 30% dei tumori. Che è una percentuale grande, ma anche piccola, a seconda di come la si guardi. Ora, sulla alimentazione tradizionale "mediterranea", meglio se di tipo antico (qui definita "alimentazione naturale") esistono prove epidemiologiche confermate.
Ma se neanche l'intera dieta può ragionevolmente annullare i rischi dei tumori, e di tutti i tumori, figuriamoci due sole categorie di alimenti, sia pure importanti. E se lo studio fosse stato costruito ad arte per far parlare un po’, come sospetta qualcuno?
Quel che è certo, intanto, è che la polemica riporta l'attenzione sul ruolo protettivo dei vegetali freschi, fondamentali in un'alimentazione sana e naturale. Per mettere le cose in chiaro, si veda all'articolo seguente lo "stato dell'arte" epidemiologico su frutta e verdura anti-cancro.

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RICERCA. Se i ricercatori si fidano delle risposte della gente ai questionari

Il deludente risultato di uno studio dell’italiano Boffetta e altri su questionari Epic, che ha mostrato scarsa, quando non nulla, correlazione tra consumi di frutta e verdura e morti per cancro su circa 400 mila volontari che avevano risposto ad un questionario standardizzato e poi erano stati seguiti per quasi 8 anni, oltre al problema principale della prevenzione dei vegetali freschi (v. il successivo articolo), ripropone un problema laterale, quello dell’attendibilità dei test riempiti dagli stessi uomini e donne scelti per un esperimento, che ovviamente consumano i pasti non tutti insieme e sotto controllo dei ricercatori, ma a casa, al bar o al ristorante, ciascuno per conto proprio. E per anni.
Il problema è noto, e si è cercato di ridurre il rischio di inaffidabilità in vari modi, per esempio con opportune correzioni statistiche, con domande minuziose e con formulazioni incrociate.
Qui, però, si trattava di cercare il consumo reale non di cereali o carni o formaggi, ma di classi di alimenti notoriamente poco "simpatici" (verdure cotte), difficili da preparare e consumare nei fast food o all’aperto (verdure crude) o spesso addirittura saltate del tutto nei pasti, soprattutto al ristorante o al bar (frutta fresca). Quindi due classi di alimenti "critiche", frutta e verdura, sulle quali eventuali ripetute inesattezze individuali moltiplicate per 400 mila potrebbero in teoria falsare completamente i dati.
E' una supposizione che non fa e non farà nessuno. Anche perché gli studi su questionari sono economici, facili e semplici, e se dovessero essere screditati, addio ricerca. Però vogliamo avanzare qualche dubbio.
E’ noto e provato che la gente mangia poca frutta e verdura. Studi hanno dimostrato che le famose 5 porzioni minime al giorno non sono rispettate in nessun Paese, a cominciare dagli Stati Uniti. Spesso si mangiano 2-3 porzioni al giorno, se va bene. Ci piacerebbe perciò sapere che cosa hanno dichiarato sulla frutta-verdura realmente consumata ogni giorno i 400 mila volontari rispondendo ai questionari dello studio EPIC. Perché per ipotesi le morti per tumore registrate potrebbero anche riferirsi in alcuni casi a persone che hanno consumato la metà o la metà della metà dei vegetali dichiarati.
Il metodo dei questionari è comodo ed economico, ma pone problemi di attendibilità, sia nella formulazione delle domande, sia nelle risposte. Si sa che la gente non è in grado di valutare le porzioni ed ha poca memoria per ciò che ha mangiato nei giorni precedenti.
Ma c’è dell’altro. La psicologia insegna che se l’intervistato capisce che l’intervistatore o il questionario si aspetta da lui o comunque verte su un comportamento virtuoso, tende ad alterare le risposte senza rendersene conto in direzione d’una risposta conformistica. Sono stati spiegate così le distorsioni degli exit-poll all’uscita dei seggi elettorali. Ma un menù nasconde considerazioni salutistiche. E in questo caso il conformismo diventa anziché dire di aver votato per il partito al governo, dire di aver mangiato più vegetali. I buoni propositi, il "vorrei", potrebbe diventare nei questionari realtà virtuale, anziché virtuosa. Anche per dare a se stessi un’immagine più gratificante.
Ad esempio, ho simpatia per gli animali, sono salutista, sto diventando, anzi mi riprometto di diventare vegetariano (e già ho ridotto o eliminato da qualche giorno la carne), ed ecco che un’intervista mi coglie proprio in questa fase. Rispondo di sì, "sinceramente": "sono vegetariano". Ideologicamente, s’intende. Ma non nella realtà. Ecco come si spiegano i poco credibili "10 milioni di vegetariani in Italia", dove è sotto gli occhi di tutti che i vegetariani veri, cioè continuativi, sono pochissimi.
E così nelle porzioni di frutta e verdura consumate ogni giorno. Un duplice meccanismo del genere potrebbe falsare ogni ricostruzione del proprio menù: lo sanno tutti i nutrizionisti, medici e dietologi che la signora media con problemi alimentari o metabolici, intervistata, sostiene di mangiare "quasi nulla", e per lo più "cibi sani" e "piccole porzioni". Porzioni che, guarda caso (è successo anche a me in un esperimento), aumentano se si tratta di frutta e verdura, mentre diminiscono se si tratta di formaggi o cioccolata. E’ così che due fettine di melanzana bruciacchiata e ricca di grassi stracotti potrebbero diventare "1 porzione di verdura". E un mandarino "1 porzione di frutta". E con 400 mila volontari gli analisti non se ne accorgerebbero mai.
O no?
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IMMAGINE: Il grafico del consumo in Canada di 5 o più porzioni di frutta e verdura al giorno (%). Fonte: Canada Community Health Survey 2008.

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